“MUSSOLINI HA FATTO ANCHE COSE BUONE” – Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo!

Questo post è doveroso farlo.

Qualche giorno fa, non ricordo nemmeno come, si è scatenata una discussione su un post che ho pubblicato sul mio profilo facebook. Non voglio fare nomi. Voglio solo esprimere un mio parere inerente alla situazione. Ovviamente NON sono fascista, non potrei MAI esserlo. Dio mio, mi viene il ribbrezzo già solo a pensarlo. Già solo pronunciare quella parola mi fa raddrizzare i capelli. Mi fa salire il sangue al cervello. Mi fa incazzare!!! (si può usare questa parola su un blog?). Ma forse è la conseguenza della mia giovane età? Di solito mi dicono così quando reagisco alle cose, quando dico la mia, a volte anche urlando. Sicuramente a voi “grandi” questa cosa non succede più. Perché siete cresciuti, avete maturato e sapete contenervi anche quando i discorsi vi fanno dannare no?
Bhe ecco, io ancora no (non so se sentirmi in colpa per questo). Ma arriviamo al dunque. Ho letto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare. Devo essere sincera. Non pensavo che nel 2020 possano ancora certi “discorsi” circolare tranquillamente. Eppure, signori e signori circolano eccome. Alla fine di tutto, uno dei partecipanti della discussione pubblica un link. Io lo apro e leggo il titolo di un libro. Questo libro che vedete in foto, che ho utilizzato come titolo dell’articolo. Presa dalla rabbia e dalle mille cose che avrei voluto dire all’altro partecipante della discussione sono andata subito a mettere in carrello questo libro. Non sono andata sotto casa del partecipante 2 a prenderlo a mazzate. Visto anche il periodo che l’Italia sta attraversando direi che gli è andata bene #iorestoacasa. Insomma, ACQUISTA ORA. Detto, fatto. Due giorni dopo mi arriva a casa, cioè oggi. Questo vuol dire che in questo momento proprio me lo divoro. E poi, con molta calma, capitolo per capitolo, vi elenco e farò copia incolla di ciò che questo libro smentisce. A costo che impiegherò tutta una notte.

” 1. Mussolini ha dato le pensioni agli italiani? NO!
La pensione, o per meglio dire il sistema prevenziale per vecchiaia e malattia, fu un’invenzione tedesca, comparsa per la prima volta in Germania grazie al cancelliere Otto van Bismarck nel 1888. In Italia per la prima volta adottò un primo sistema di garanzie pensionistiche nel 1895, grazie al governo Crispi. Una volta conquistato il potere Mussolini si preoccupò immediatamente di prendere il controllo di un settore dell’apparato statale così importante come la previdenza. L’intento era quello di poter controllare qualsiasi forma di aiuto sociale, rendendo di fatto ogni prestazione dipendente dallo Stato, cioè del partito. Il culmine l’abbiamo nel 1933 quando cambiò nome alla Cassa Nazionale trasformandola in Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale. Con questa decisiva riforma il fascismo non inventò la previdenza in Italia: SE NE IMPOSSESÒ, semplicemente. Con la caduta del fascismo rimase l’acronimo INPS.

2. ….e la tredicesima? NO!
Fake news! Per quasi tutto il fascismo questo tipo di bonus fu lasciato alla libera scelta dei datori di lavoro. Fu solo nel 1960 che divenne un diritto dei lavoratori e non una concessione frutto di accordi sindacali.

3. ….e la Cassa Integrazione?
Pare che le prime forme di integrazioni salariali e di sostegno al reddito per i lavoratori di aziende in difficoltà siano state inserite per la prima volta nel sistema solo dopo l’instaurazione delle repubblica.

4. Mussolini ha bonificato le paludi? SI/NO
Questo apparente successo del fascismo è diventato con gli anni l’autonomasia delle “cose buone” fatte dal duce per il suo popolo. Le paludi, luoghi malsani, inospitali, zone dove fin dall’antichità regnava sovrana la malaria. I primi tentativi di irreggimentazione delle acque e di bonifica dei suoli paludosi del Lazio si attestano, ad esempio, già in età romana. Una opera di bonifica venne lanciata anche nel 1400 dal papato, ma con risultati non definitivi. Anche il Regno d’Italia avviò programmi per sanificare le aree paludose di Roma e del Settentrione. La prima legge organica per la bonifica si ebbe già nel 1878. Per Mussolini si trattava del tema perfetto da sfruttare per la narrativa di regime: IL FASCISMO, RIPERCORRENDO LE ORME DEGLI ANTICHI ROMANI, AVREBBE RICONQUISTATO ALLA VITA IL SUOLO MALARICO, RENDENDOLO FERTILE, PRODUTTIVO E ACCOGLIENTE. In realtà, capite bene (vi prego), il tema era già al centro degli sforzi pubblici prima dell’arrivo di Mussolini al governo. Ma, come in tanti altri casi, riuscì nell’operazione di riunificare le molte iniziative già in essere per poi PRENDERSI IL MERITO DELLA LORO ATTUAZIONE. Non ebbe grandi effetti nell’immediato, in quanto vi furono proteste, SPECIE AL SUD, da parte dei grandi latifondisti che possedevano le terre malariche: il sistema di espropri metteva a rischio il controllo sui loro feudi e rischiava di riempire il territorio di piccoli proprietari indipendenti. Quindi, il fascismo promise di aumentare di un terzo la superficie agricola utile al paese in una situazione già poco realistica a quell’epoca, il crollo dell’economico mondiale del 1929 fu l’ulteriore impedimento. In una nazione in cui per molti l’unica via di sopravvivenza era l’EMIGRAZIONE, dimostrare di essere riusciti a creare nuova terra da lavorare sembrava un grande traguardo. Un mito ben costruito, visto che tra tutte le bufale che girano sul fascismo, quella della bonifica della paludi è tra le più resistenti e meno messe in dubbio. Il governo aveva preso di petto la sfida degli 8 milioni di ettari di nuova terra. Dopo 10 anni dichiararono di aver raggiunto l’obiettivo di 4 milioni. Beh, non male no? Peccato però che di questi 4 milioni giusto 2 milioni erano a buon punto, ma attenzione, di questi 2 milioni, 1 MILIONE E MEZZO ERANO BONIFICHE CONCLUSE DAI GOVERNI PRECEDENTI IL 1922. Quindi, di questi 8 milioni che dovevano essere bonificati, mancavano ben 7 e mezzo. In percentuale riuscirono a bonificare poco più del 6% del lavoro preventivato.

5. La malaria.
Qui parlano ancora una volta i numeri: nel 1902 i casi di malaria dennunciati furono di 177946. Tra il 1902 2 l’avvento del fascismo 323312 nel 1905, 129482 nel 1914. Nel 1922 siamo a 234656. Calarono nel 1923 a 188000 ma aumentarono nel 1923 a 250000. Scesero nel 1927 a 192738. Calarono a 175000 nel 1933 ma l’anno dopo risalirono a 222171. Nel 1939 (finalmente) a soli 55000.
Solo nel dopoguerra altri imponenti lavori di bonifica, portati avanti soprattutto grazie ai fondi del piano Marshall – il sistema di aiuti messo in piedi dagli USA per risollevare l’economia europea nel secondo dopoguerra- e della Cassa del Mezzogiorno, riuscirono a restringere notevolmente la superficie paludosa italiana. Per la malaria, oltre alla profilassi, il merito va dato all’uso massiccio di DDT, importato dagli americani. Dopo la guerra occorsero comunque altri 25 anni di sforzi internazionali per mantenere la promessa contenuta nelle dichiarazioni mussoliniane del 1923. La malaria venne dichiarata sradicata in Italia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità solo nel 1970!

6. Mussolini ha dato una casa a tutti gli italiani? NO
L’Italia conobbe a partire dalla seconda metà dell’800 un boom demografico senza precedenti. Il Regno d’Italia, dalla sua nascita fino al 1946 passò dai poco più di 22 milioni di abitanti ai 46 milioni. Una rivoluzione che ovviamente ebbe un grande impatto urbanistico. Il primo intervento per sostenere il diritto alla casa per tutti i cittadini da parte del governo centrale avvenne nel 1903 con la legge sulle case popolari. E se qualcuno si merita il titolo di “padre dell’edilizia popolare” in Italia, fu di certo il liberale Luigi Luzzatti. A Roma, città in pieno boom demografico, interi quartieri, come quello di Garbatella, sorsero già nei primi decenni del ventesimo secolo. Gran parte avviati PRIMA dell’avvento del fascismo. Ancora una volta il fascismo non ebbe bisogno di essere innovativo: si occupò di stimolare le iniziative dei singoli comuni sostenendo gli istituti già esistenti.
Dal punto di vista urbanistico, il fascismo fu molto più interessato a progetti che avessero un impatto di propaganda sulla popolazione. Ebbe infatti il suo proprio stile e la propria concezione dello spazio urbano. La situazione abitativa rimase ad ogni modo emergenziale anche negli anni più tardi del fascismo, quando i fondi statali riservati all’edilizia andavano a cantieri come quello per il nuovo quartiere di Roma destinato ad accogliere l’esposizione universale del 1942, l’EUR. Vetrina dei fasti mussoliniani, che tra l’altro fu completata solo negli anni ’50. Nel frattempo i bombardamenti pensavano bene di togliere la casa anche a quelli che ce l’avevano già.

7. Mussolini e le emergenze. Ma anche NO!
In cima abbiamo il classico paragone tra quello che avrebbe fatto Mussolini in caso di emergenza e quello che invece non fa il governo attuale nelle medesime circostanze. Tipo un terremoto. Nel 1930 il terremoto che colpì i territori dell’Irpinia e del Vulture, in Campania e Basilicata fece 1404 vittime. Mussolini non voleva costruire le baracche per i senzatetto, ma delle casette prefabbricate, che sarebbero state una soluzione più stabile e decorosa per i terremotati. Ma pensate un po’, la costruzione delle casette furono un totale fallimento per via dei costi e delle difficoltà dei trasporti degli elementi prefabbricati, e ai primi freddi inverni, su pressione dei perfetti, Mussolini fu costretto ad APPROVARE LA COSTRUZIONE DI MILLE BARACCHE di legno.

8. Il duce costruttore di strade? NO!
“Donò una moderna rete di strade all’Italia”. La rete viaria in realtà venne lanciato sotto i governi di Giovanni Giolitti e del suo successore Ivanoe Bonomi. L’ideatore del concetto di autostrada in Italia fu l’ingegnere Piero Puricelli, che per primo concepì la possibilità di costruire una rete di strade a scorrimento veloce, il cui costo sarebbe stato ammortizzato dal pagamento di pedaggi. Il nuovo tratto voluto da Puricelli venne poi inaugurato nel 1923, dopo un anno di governo Mussolini. L’epopea dei grandi cantieri autostradali finì definitivamente nel 1935, quando l’aggressione fascista dell’Etiopia fece schizzare alle stelle il costo del carburante, rendendo improbabile per quell’epoca il sogno dell’automobile di massa. Ad ogni modo furono gli anni cinquanta i protagonisti della vera rivoluzione dei trasporti italiani, con la scelta di investire nella costruzione di una grande rete autostradale a pedaggio che coprisse l’intero territorio nazionale.

9. Mussolini è stato un integerrimo difensore della giustizia? NO!
Un’altra delle grandi favole sul fascismo, e soprattutto sulla figura di Mussolini. Ideale di onestà e addirittura morale nella vita politica del paese. Il fascismo, in quanto movimento totalitario e distruttivo DELLE LIBERTÀ INDIVIDUALI, È PER DEFINIZIONE INGIUSTO. Non ha senso sottolineare che un regime che mantiene il potere con la forza è di base ingiusto. O no?? Il primo avvenimento sospetto nella carriera politica del duce data quando nel 1914, da direttore del quotidiano socialista “L’Avanti!” in poco più di un mese passò dal neutralismo all’interventismo, cioè da contrario a favorevole all’entrata in guerra dell’Italia nella prima guerra mondiale. Verrà accusato di essersi venduto alla causa dell’intervento in cambio di denaro. Negò, (ovviamente) ma poco tempo dopo aprì un nuovo giornale, “Il Popolo d’Italia”, con un buon capitale iniziale. La provenienza del denaro era poco chiara e sollevò l’ostilità dei compagni, accusandolo di essere un traditore e un corrotto. La loro scelta politica di usare la forza fu bocciata dagli elettori che nello stesso anno punirono nelle urne questo programma, lasciando Mussolini e i suoi fuori dalla Camera. Quindi, per conquistare il potere si doveva dare un’immagine di sé più rassicurante. La violenza, ora, veniva usata con una MOTIVAZIONE: “PER RIPORTARE LA LEGALITÀ LÌ DOVE MANCAVA” (non so se ridere o piangere). E poi c’era fra i piedi Giacomo Matteotti: difensore dello stato di diritto, attaccato a ruolo di oppositore istituzionale al fascismo e in più molto preparato in politiche di bilancio e affari economici. Così, Matteotti non solo continuava a protestare contro le violenze fasciste, ma stava cercando di dimostrare che quello di Mussolini era un partito di truffatori uguale – FORSE PEGGIORE – di quelli che lo avevano preceduto. Matteotti venne rapito e ucciso il 10 giugno 1924, stroncando subito la possibilità che lo scandalo sui possibili giacimenti petroliferi in pianura padana e in Sicilia scoppiasse.

10. Il fascismo ha sconfitto la mafia? NO! NO! E NO!
La faccio breve qui. Se si guardano le informazioni sui reati, bisogna ammettere che durante il regime fascista, tra il 1924 e 1943, le statistiche ufficili riportano un crollo dei reati mafiosi in Sicilia, che addirittura dal 1929 praticamente scomparvero. Come ci riuscì questo genio del male? Semplice, in una dittatura: IMPEDENDO CHE SI DESSE NOTIZIA PUBBLICA DEI REATI DI MAFIA: I GIORNALI NON NE PARLARONO PIÙ E L’OPINIONE PUBBLICA NON VENNE PIÙ INFORMATA DEGLI EPISODI DI VIOLENZA. Forse è meglio dire che più che debellata, FU “SILENZIATA”.

11. Mussolini ha fatto pregredire l’economia italiana ai massimi livelli?NO!
Al tempo del duce “le cose andavano meglio”. Uno dei paradossi dell’Italia fu proprio che, pur avendo vinto la guerra, la sua economia aveva ritmi di crescita paragonabili a quelli dei paesi sconfitti, e non dei vincitori. Appena nel 1925, dopo tre anni di governo, si ebbe il tanto sbandierato pareggio di bilancio, uno dei vanti della politica economica fascista dei primi tempi. Quello che si ommette è il fatto che fu un pareggio non dovuto alla gestione fascista, ma all’estinzione dei grandi impegni contratti attraverso i debiti di guerra. Uno dei casi più eclatanti è la rivoluzione monetaria che passa sotto il nome di “quota Novanta”. Il nome coniato dallo stesso Mussolini per definire l’obiettivo di fissare il cambio tra la moneta italiana e quella inglese a 90 lire per ogni sterlina. A una “nazione forte” doveva corrispondere una “moneta forte”. La moneta inglese allora la più stabile al mondo, era agganciata al prezzo dell’oro, secondo quello che veniva definito “good standard”; imporre un cambio fisso con questa moneta significava in pratica, impedire che il valore della moneta italiana rispecchiasse i fondamentali dell’economia del paese, mantenendo invece un equilibrio con i valori delle monete di scambio mondiale. Nel 1926, il cambio era 155 lire per 1 sterlina. Far perdere valore alla propria moneta era stato il modo più veloce per rendere competitive le proprie merci all’estero, cosa indispensabile per il riavvio economico di un paese manifatturiero come l’Italia. Il primo intervento fascista in economia, perciò, non rese gli italiani più ricchi, MA PIÙ POVERI. E ovviamente questo taglio colpì in particolare modo le classi lavoratrici e in generale i salariati, quindi i ceti più deboli del paese (niente di nuovo direì). Altro problema fu “l’autarchia”, cioè la volontà di produrre tutto quello di cui lo Stato aveva bisogno all’interno dei confini nazionali. L’idea era quindi di slegarsi dal mercato internazionale. E così gli italiani si scontrarono con la realtà di un’economia priva di materie prime, basata su un’industria di trasformazione e legata al commercio internazionale per crescere visto che il piccolo mercato interno dei consumi rimaneva depresso. A condizionare l’economia furono anche una serie di scelte politiche segnò notevolmente il bilancio del paese: il regime di occupazione in Libia, la guerra di aggressione all’Etiopia, la partecipazione massiccia alla guerra di Spagna, l’occupazione dell’Albania e poi ovviamente la seconda guerra mondiale. OGGI IL REDDITO MEDIO ITALIANO È CIRCA IL 90% DI UN PAESE EUROPEO AVANZATO COME LA FRANCIA; NEGLI ANNI TRENTA IL REDDITO MEDIO DI UN ITALIANO ERA IL 33% DI QUELLO FRANCESE E MENO DEL 20% DI QUELLO INGLESE. E TUTTO QUESTO SENZA CONTARE CHE IN QUESTI DUE PAESI, OLTRE AL CAFFÈ E AL TABACCO DI IMPORTAZIONE SUGLI SCAFFALI, C’ERANO ANCHE LE LIBERTÀ CIVILI, IL DIRITTO DI VOTO, DI SCIOPERO E DI MANIFESTAZIONE.

12. Mussolini valorizzò il ruolo della donna in Italia?
Per alcuni polemisti da social il duce sarebbe stato una parentesi felice per le donne e i loro diritti. Durante lo sforzo bellico la necessità di rimpiazzare gli uomini chiamati al fronte portò in primo piano la figura delle donne e mutò irreversibilmente il loro ruolo nella società una volta entrate nelle fabbriche, nei servizi pubblici essenziali o trovatesi a capo di imprese agricole e aziende, le donne spezzarono il millenario esilio sociale che le vedeva spesso chiuse in casa, impegnate a gestire la vita domestica e a sovraitendere la crescita dei figli. Finita l’emergenza, vedeva con fastidio l’indipendenza rivendicata dai movimenti femminili. Il fascismo concesse il diritto di voto amministrativo delle donne il 22 novembre 1925. Ovviamente fu una presa in giro perché non fu concesso il suffragio universale. Per poter votare le donne dovevano aver compiuto 25 anni e possedere caratteristiche specifiche: essere madri e mogli di caduti per la patria, medagliate, che possedessero la licenza elementare o che avessero una quota di contribuzione erariale locale superiore alle 100 lire annue. L’insieme di tutte queste caratteristiche riservava il voto ad una minoranza. IL DIRITTO DI VOTO ALLE DONNE VENNE CONCESSO IN ITALIA SOLO NEL FEBBRAIO 1945, GARANTENDO A TUTTE LE DONNE SOPRA AI 21 ANNI (ESCLUSE LE PROSTITUTE CHE OPERAVANO FUORI DALLE CASE DI TOLLERANZA).
NELLA RIVOLUZIONE FASCISTA LE DONNE ERANO CHIAMATE, SOPRATTUTTO, A METTERE AL MONDO NUOVI ITALIANI, PREFERIBILMENTE MASCHI, PER FARNE DEI SOLDATI. QUINDI DONNA = “GREMBI”, E NON INDIVIDUI. Il fascismo inoltre procedette su due fronti: quello economico, espellendole dal mondo del lavoro privandole dell’indipendenza economica e quello culturale, escludendole dal sistema dell’istruzione, sia come docenti che come personale amministrativo. Nel 1926, alle donne venne impedito di insegnare materie scientifiche negli istituti tecnici e lettere e filosofia nei licei. IL FASCISTA IDEALE ERA GIOVANE, FORTE E SOPRATTUTTO MASCHIO. LA VISIONE FASCISTA DELLA DONNA ERA QUELLA DI MADRE, MOGLIE E AL LIMITE, VEDOVA! Dello stesso tenore l’articolo 544, in cui normava il cosiddetto “MATRIMONIO RIPARATORE”. CHIUNQUE AVESSE COMMESSO VIOLENZA SESSUOLE NEI CONFRONTI DI UNA DONNA (ANCHE MINORE), AVREBBE VISTO IL PROPRIO REATO ESTINTO IN CASO DI MATRIMONIO CON LA STESSA. Una legge che, oltre all’evidente inumanità di condannare una donna a stare accanto al proprio violentatore per tutta la vita, sanciva il fatto che in un matrimonio la volontà della donna era totalmente superflua. (mi viene da vomitare solo al pensiero!).

13. Mussolini è stato un grande condottiero? NO!
Lo stesso termine, “duce”, deriva dal latino dux, titolo d’onore riservato ai comandanti vittoriosi così come ai grandi amministratori civili romani. La prima presa di posizione sull’argomento il giovane Benito la ebbe già a 19 anni, quando emigrò in Svizzera e disattese l’obligo di leva nel regio esercito. All’epoca si professava tutt’altro che guerrafondaio, ed evitò di prestare quel servizio alla patria che una volta preso il potere considerò sacro. (furbo lui!). Questa prima fuga dal militarismo fu compensata in parte quando Mussolini per ragioni di opportunità decise di partire volontario per la Grande guerra: un gesto simbolico. Rimase ferito, per lo scoppio accidentale di un mortaio e non in combattimento, ma questo comunque gli valse il congedo e la possibilità di fregiarsi del titolo di reduce combattente. Il primo banco di prova di questa volontà di potenza fu la Libia: solo la stretta fascia costiera e i principali porti in mano italiana, mentre l’entroterra era ancora controllato dalle popolazioni arabe e berbere. La lotta era evidentemente impari: mitragliatrici, aerei e mezzi a motore contro le bande di guerriglieri del deserto armati molto sommariamente, per lo più di vecchi fucili. E così la volta della Somalia, dell’Etiopia, dove nel corso dei sette mesi di campagna militare si applicò la teoria del terrore sulle popolazioni. Non solo, ma per impedire che le strutture internazionali dessero aiuto agli etiopi o testimoniassero le atrocità italiane, venne addirittura – per la prima volta nella storia – BOMBARDATA ANCHE LA CROCE ROSSA. Direi che non c’è nemmeno bisogno di nominare Guernica.

14. Mussolini fu un dittatore “buono”? NO!
Paragonato a Hitler, ad esempio, Mussolini pare fosse più buono. In pochi oggi sono disposti a paragonare il ventennio fascista ai dieci anni di terrore nazista. Fu portato avanti il mito degli “italiani brava gente”, ancora adesso duro a morire, e il movimento di resistenza partigiana 1943-45 bastò a ripulire la memoria degli italiani dal fatto che per 20 anni il regime fascista ebbe il consenso di una gran parte della popolazione. La scelta di comodo fu quella di addossare sugli alleati tedeschi e sul nazismo la gran parte degli orrori del conflitto e anche delle cause che lo scatenarono. Il nazismo, si concentrò da subito sui suoi principali nemici interni, prima gli oppositori e poi gli ebrei, che in Germania erano all’epoca poco più di mezzo milione. Il fascismo, proiettato sul Mediterraneo e con proprie colonie da riconquistare, concentrò la propria azione di PULIZIA RAZZIALE SUGLI OPPOSITORI POLITICI E SUI SUDDITI DELLE COLONIE, per poi dedicarsi a un problema dell’entità numerica meno rilevante come gli ebrei italiani (poco meno di 60000 nel 1938). Fine. “

Vorrei precisare che a partire dal punto 1 al punto 14 niente di ciò che vedete scritto è mio. Sono frasi prese dal libro dei inerenti capitoli. Ho riportato quello che a mio avviso basterebbe per mettere a tacere le infinite stronzate che si dicono sul conto di Mussolini tanto ammirato oggi. Per una volta nella vita aprite gli occhi, la mente, le orecchie! Comprate questo libro e leggetelo. Imparatelo. Studiatelo. Fatelo vostro! Affinché mai più si ripeta una cosa del genere. Svegliatevi! Detto ciò, buonaserata a tutti. MEDITATE GENTE, MEDITATE!

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